I rigori di quest’ultimo rigido e lungo inverno restano ormai alle nostre spalle e la bentornata primavera li spinge sempre più lontani con il tepore delle sue giornate. La natura torna a vivere in tutte le sue espressioni e, con il ritorno della primavera, ritorna, in quanti come noi amano la vita all’aria aperta, il desiderio di fare lunghe e salutari passeggiate nei boschi non disdegnando, all’occorrenza, incontri ben predisponenti nei confronti dei prodotti spontanei della natura, tra i quali, ovviamente, non possono mancare quei curiosi esserini che, posizionati in botanica nel “Regno dei Fungi”, incominciano a fare le loro prime apparizioni. Ed ecco che micologi, micofili o, ancor più, semplici micofagi, tirata fuori dal ripostiglio l’attrezzatura necessaria (scarponi, bastone e cestino), a suo tempo riposta per la diminuita fruttificazione fungina dovuta al periodo invernale, meno propizio alla raccolta, si riversano nei boschi nella consapevolezza che la fruttificazione primaverile sta per iniziare.
Pur se poco conosciute alla stragrande maggioranza dei raccoglitori, le specie fungine che fanno la loro apparizione nel periodo primaverile sono diverse e ben si prestano, per il loro sapore e per la loro versatilità, ad usi commestibili. In questa nostra “dissertazione micologica” intendiamo presentare alcune specie tipiche del periodo che meritano, senz’altro, di essere conosciute.
Molto conosciuto, ricercato ed apprezzato nelle zone del settentrione d’Italia, è praticamente sconosciuto al sud dove cresce indisturbato nel suo habitat preferito senza essere oggetto di raccolte indiscriminate. E’ considerato un ottimo commestibile ma, per il suo corretto consumo, al fine di eliminare le tossine in esso contenute, deve essere sottoposto a precottura lasciandolo bollire per circa 15 – 20 minuti ed eliminando, prima del suo consumo, l’acqua di bollitura. Il consumo da crudo, o dopo cottura non corretta, è causa di sindrome emolitica. Il Genere di appartenenza annovera diverse specie come: Morchella conica, Morchella Esculenta, Morchella semilibera, con le diverse varietà infraspecifiche che caratterizzano ogni singola specie.
Il gambo, cavo all’interno, di colore biancastro-avorio con sfocature color ruggine, è tozzo ed ingrossato alla base, spesso viene completamente coperto dalle volute del cappello; presenta, per tutta la sua lunghezza, delle costolature verticali.
Le diverse specie appartenenti al genere: G. esculenta, G. gigas, G. brunnea, G. infula (quest’ultima a crescita autunnale) ecc. sono responsabili della sindrome gyromitrica dovuta alla gyromitrina, una tossina presente in tutte le specie appartenenti al genere che, anche se in passato sono state considerate commestibili, si sono rese responsabili di gravi avvelenamenti anche con sopravvenuti decessi. Il consumo delle varie specie appartenenti al genere deve essere assolutamente evitato.
La somiglianza delle varie specie con le specie appartenenti al Genere Morchella ha causato, e continua a causare, confusione nel riconoscimento delle stesse con gravi conseguenze per i consumatori. E’ opportuno, come più volte abbiamo inteso sottolineare, di diffidare del giudizio dei “così detti esperti” e di rivolgersi, per l’acquisizione del giudizio di commestibilità, a micologi professionisti. In merito alla possibilità di confusione delle specie, ci piace fare riferimento alla trasmissione televisiva “La prova del cuoco” del 22 maggio 2014, durante la quale sono state cucinate, in diretta, degli esemplari velenosi di Gyromitra esculenta (falsa spugnola) ritenendo fossero esemplari di Morchella esculenta (spugnola), fortunatamente, come sempre avviene a trasmissione ultimata, non consumati dai presenti. La pericolosità di quanto accaduto è stata formalmente segnalata agli organi RAI dal Centro Antiveleni di Milano, dall’Associazione Micologica Bresadola Sede Nazionale e dal Centro Studi Micologici AMB. Quanto accaduto è stato reso noto da numerose testate giornalistiche nazionali ed ampiamente diffuso sul Web.
Calocybe gambosa: basidiomicete (fungo le cui spore si sviluppano all’esterno di cellule claviformi denominate basidi con proiezioni apicali (sterigmi) sulle quali si formano le spore) appartenente all’Ordine delle Agaricales, Famiglia Tricholomataceae, Genere Calocybe. E’ caratterizzato da un cappello di diametro variabile tra i 5 e i 12 cm. Inizialmente emisferico, poi convesso-pianeggiante, colore variabile da crema-biancastro a ocra-giallastro a giallo più o meno inteso. Nella zona imeniale sono presenti lamelle molto fitte, intercalate da lamellule, smarginate, non aderenti al gambo che presenta la classica forma cilindrica, a volte leggermente clavato; di colore bianco, con leggere sfumature ocra in prossimità della base, pruinoso specialmente nella zona apicale. Ha odore caratteristico di farina fresca. E’ un fungo particolarmente precoce, conosciuto anche con il nome comune di “Fungo di San Giorgio” per la sua tendenza a spuntare in prossimità della ricorrenza di San Giorgio (24 aprile). Cresce, da saprofita, formando lunghe file o cerchi più o meno regolari, prediligendo habitat con piante spinose come le rosacee in generale o il Prugnolo (Prunus spinosa) derivando, da quest’ultimo, un ulteriore nome comune – appunto Prugnolo. E’ solito riprodursi nelle stesse stazioni di crescita ed anche se difficile localizzarlo, in quanto sempre ricoperto da rovi, una volta individuato rimarrà ad aspettarvi nello stesso posto, puntuale ogni anno, ad ogni nuova fioritura. E’ considerato, da molti, ottimo commestibile ed è molto ricercato in numerose regioni del settentrione.
Utilizzo in Cucina
Bruschetta con crema di prugnoli
(ricetta suggerita dall’Ing. Francesco Somma)
Per 4 persone occorrono circa mezzo chilo di Calocybe gambosa qualche cipollina, uno spicchio d’aglio, un cucchiaio di farina, 100 gr. di burro, mezzo bicchiere di brandy, un bicchiere di vino bianco, parmigiano grattugiato, sale, pepe, e brodo di carne.
Soffriggere l’aglio e le cipolline tritate finemente in buona parte di burro, poi aggiungere i funghi (Calocybe gambosa) tagliati a fettine sottili e lasciarli asciugare nella loro acqua di cottura.
Aggiungere la farina stemperata nel vino bianco e condire con pepe, lasciare sul fuoco pochi minuti e poi frullare il tutto. Infine cuocere ancora a fuoco lento per circa venti minuti diluendo a poco a poco con il brodo. Aggiungere, a fine cottura, brandy e parmigiano, salare.
Servire bollente, con crostini o spalmare sul pane abbrustolito.
Angelo Miceli
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